Come primo contributo per questo spazio di discussione mi preme indicare uno dei termini più equivoci che sono già stati spesi nei dibattiti precedenti il varo della Convenzione, relativamente al carattere "etnico" o "territoriale" della nostra (futura) autonomia. Più volte Arno Kompatscher si è espresso negativamente riguardo al termine "territoriale", a mio avviso non capendo bene di cosa si tratta, cioè a che cosa questo termine si riferisca o si possa riferire. "Territoriale" dovrebbe a mio avviso essere pensato solo ed esclusivamente in contrasto con il termine "etnico", indicando un superamento del quadro giuridico attuale non nel senso di un affievolimento della specificità autonomistica (riduzione delle competenze o maggiore ingerenza dello stato centrale). Al contrario, declinare l'autonomia in chiave "territoriale" significa che l'autogoverno può di fatto espandersi e radicarsi solo se le barriere interne tra i gruppi linguistici retrocedono in secondo piano e non risultano più l'alfa e l'omega di ogni legittimazione del nostro status. In breve: solo se la Convenzione metterà capo a un nuovo "patto" tra i gruppi linguistici sarà possibile rafforzare l'autonomia anche nei confronti dei territori esterni. In caso contrario ogni cosa non potrà che rimanere com'è e tutto il lavoro sarà di fatto inutile.
L'equivoco della territorialità
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